BLOGGANDO SUL DIVANO
PUBBLICATO: XX MESE 20XX
ULTIMO AGGIORNAMENTO: XX MESE 20XX
Introduzione
Un paio di anni fa, durante l’ennesimo periodo di lotta contro me stesso per riuscire a mettere insieme una parvenza di routine e sforzarmi di rispettarla, un fatto imprevisto ha mandato tutto all’aria proprio quando stavo riuscendo a venirci un minimo a patti.
Dodici mesi dopo “il fatto”, tutti quanti passati in un lampo, ho deciso di riprendere in mano Relaxing Gameplaid e tutto quello che avevo lasciato a parte dall’epoca.
Inutile dire che tra questa decisione e “ora”, di mesi spesi a cercare di recuperare le cose con la stessa fatica dell’inizio, ne sono passati altri otto.
È vero che ci sono state altre cose personali che ho dovuto fare e che mi hanno rallentato, è vero che ho dovuto trasferire il sito su di un altro hosting che mi ha portato via settimane di ricerca, è vero che ho perso un mese perché mi è morto il pc e ho dovuto rifarlo quasi nuovo quando non era proprio il momento e quanti altri “è vero che…”.
Ma rimane che ne sono sempre passati OTTO.
<sad trombone>
Story of my life
</end sad trombone>
Nel mentre però, ho voluto raccogliere un po’ di pensieri a riguardo e usarli per inaugurare la parte “blog” di questo sito, che ospiterà approfondimenti sui videogiochi che ho giocato, ma non solo.
Parliamo così anche di ADHD e delle sue insidie, tra le quali sono caduto dritto come un piombo senza nemmeno poterlo prevedere o volerlo, per spiegare qualcuna delle difficoltà della neurodivergenza.
Che cos’è l’ADHD
Già qui ce ne sarebbe per giorni e notti intere!
Proprio per questo però, eviterò di scendere troppo nei particolari dato che, per fortuna, adesso esiste una tonnellata di materiale informativo molto più autorevole di quanto potrei mai essere io.
Ci basta dire che l’ADHD, come l’autismo, è una neurodivergenza e sta per “Attention Deficit and Hyperactivity Disorder”, ovvero “Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività” (ultimo di una lunga serie di nomi, cambiati nel tempo).
Seguendo le definizioni dell’ICD-11 e del DSM-5:
Le “neurodivergenze” vengono classificate come disturbi del neurosviluppo. Il termine indica quindi uno sviluppo “neurologicamente divergente dal tipico” e sottolinea come una persona abbia processi/funzionamenti neurologici differenti da ciò che è considerato “norma”.
“Neurodivergenza” e “Neuroatipicità” vengono usati in contrapposizione a “Neurotipicità”. “Neurotipico” indica una persona che non presenta neurodivergenza.
E l’ADHD così:
[L’ADHD] è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da difficoltà nel mantenere l’attenzione, eccessiva attività e/o difficoltà nel controllare il proprio comportamento (es. impulsività) che non appaiono adeguate all’età della persona.
Esiste anche il termine “Neurodiversità”:
Il termine neurodiversità sta a indicare la normale variabilità della mente umana in riferimento alle funzioni cognitive, e ad altre funzioni mentali, come quelle relative alla socialità, all’apprendimento, all’attenzione e all’umore. Il termine vuole proporre una visione inclusiva delle diversità cognitive, mettendo in evidenza le differenze neurobiologiche e considerando, al contempo, i contesti socio-culturali in cui si esplica l’esperienza umana.
Di conseguenza, tutti siamo neurodiversi in qualche modo, ma alcuni di noi sono anche neurodivergenti.
Detto questo, cosa significano tutte queste definizioni?
In sostanza il nostro cervello funziona diversamente, in modi che le persone che neurodivergenti non sono spesso non comprendono, fraintendono e con i quali faticano ad empatizzare.
Ovviamente lo capisco, non è facile nemmeno per me che ce l’ho, anche se non ho ancora una diagnosi alla mano, ma inevitabilmente ci rende la vita un po’ più difficile di quello che già non è di suo. Del resto, nonostante se ne parli molto di più, a meno di non andare ad indagare direttamente, è difficile sapere di cosa si sta parlando. In soldoni, non è un argomento, in cui si incappa facilmente nel quotidiano a meno di essere giovani e/o spesso in giro per social.
In tutto questo bisogna tenere principalmente a mente una cosa: la società in cui viviamo è stata costruita attorno a certe categorie di persone, la cui maggioranza è “neurotipica”.
Anche e soprattutto il mondo del lavoro è organizzato su quello che le persone neurotipiche riescono a fare, con il presupposto che tutti siamo uguali e in grado di seguire le stesse regole nello stesso modo, quindi con l’aspettativa che tutti possiamo essere egualmente produttivi (e questo è già un problema di per sè, anche senza le neurodivergenze).
Iniziamo quindi a parlare di presenza online: già il concetto di regolarità a cui gli algoritmi teoricamente ci obbligano va pesantemente contro ciò che noi naturalmente siamo inclinati a fare. Postare regolarmente chiede innanzitutto la routine di accedere ai social, di organizzare i contenuti, pianificarli nel tempo e se si basano su altri contenuti realizzare prima quelli ed entro i giusti tempi.
Insomma, al di là della letterale routine del postare, bisogna prendere in esame una capacità di organizzazione, pianificazione e rispetto delle tabelle di marcia che spesso non abbiamo e che per noi è molto difficile non tanto da creare, ma da mantenere.
Dovessi riassumere in poco i principali problemi riguardo la presenza online, sarebbero:
- time-blindness (lett: “cecità temporale”)
- procrastinazione
- difficoltà a portare a termine i compiti
- picchi casuali di energia
- paralisi esecutive
- ansia
- iperfissazioni randomiche e caotiche
Ovviamente, gran parte di questi sono caratteristiche molto comuni e basilari dell’ADHD in generale.
L’Iperfissazione e il suo impatto
L’iperfissazione può essere definita a pieno titolo la nostra più grande croce e la nostra più grande delizia.
Quanto scriverò ora è ovviamente il mio personale punto di vista, ma dopo aver parlato a lungo con altre persone -diagnosticate e sospette ADHD- sono piuttosto convinto che sia un’esperienza decisamente comune.
Perché delizia?
Perché l’Iperfissazione è il nostro motore più grande e prezioso.
È quella cosa che quando c’è ti riempie ti entusiasmo e ti senti come se potessi conquistare il mondo e non riesci a parlare di altro (e spesso nemmeno vuoi), andresti avanti tutto il giorno, tutti i giorni, partendo dal macro e andando al micro e tornare al macro di nuovo. Teorie, ipotesi, pagine e pagine di studio, fallimenti e successi, ricerche lunghe ore su pagine improbabili di Wikipedia (o forse l’hai scritta direttamente tu, la pagina).
Se è un hobby, spenderai i tuoi averi per acquistare tutto quello che ti serve, producendo un fantastiliardo di oggetti in un tempo straordinariamente breve, senza guardare più nient’altro. E troverai un angolo nella tua casa o nella tua stanza per accogliere tutto questo nuovo ben di dio a costo di rivoluzionare l’intera area.
Se è invece un prodotto di un media (videogioco, libro, manga/fumetto, anime/serie animata, serie, film, etc), finirai nel gorgo del suo fandom e in men che non si dica sarai su Twitter a sbattere le mani sulla tua tastiera, passando dai tuoi miseri 100 tweet in 10 anni a 10.000 e passa in sei mesi (ammesso che si riesca ad eludere i costanti drammi che di questi giorni funestano i fandom e i social in generale).
Se disegni, produrrai una quantità smodata di fanart.
Se scrivi, produrrai invece una quantità smodata di fanfiction.
Se scrivi e disegni, complimenti, hai guadagnato un livello di maledizione davvero personalizzato.
Qualsiasi cosa tu faccia, alla fine ti infilerai anche in un milione di server Discord, seguirai tutte le persone coinvolte nella creazione prodotto (autori, artisti, developer, etc).
Inizi di prima mattina e finisci a notte, dopo aver ficcato nel mezzo di questo programma tutto quello che sei obbligato a fare per vivere, ma dei quali conservi pochi ricordi perché i tuoi pensieri sono sempre in un punto e l’unica cosa che ti salva in queste ore è la feroce dissociazione che impedisce al tuo cervello di sciogliersi per la noia ed il disinteresse.
L’onda della dopamina, a questo punto, è uno tsunami di proporzioni catastrofiche. Travolge tutto quello che incontra, impedendoti di vedere qualsiasi altra cosa. Memorizzi tonnellate di informazioni, impari alla velocità di Trinity in Matrix ed in breve potresti venire annoverato tra le persone più informate riguardo la tua specifica nicchia di interesse.
Non vorresti finisse mai e te ne convinci anche, che non finirà mai. La tua testa di dice che sì, FINALMENTE, hai trovato il tuo posto.
L’ hobby perfetto per te. Potrai farne anche uno small business, con un po’ di impegno.
La serie che che non potrà essere surclassata da nessun’altra.
E la croce?
La croce è che non scegliamo su cosa iperfissarci.
O quando.
O con che violenza.
Non scegliamo nemmeno quanto durerà.
O quando finirà.
Perchè, sì, 8 a 10 finirà.
E, cosa peggiore di tutte, senza un’iperfissazione, spesso, ci sentiamo svuotati ed orfani di qualcosa che ci fa sentire estremamente bene quando c’è. Non molto dissimile da una droga, per certi versi.
L’Imprevedibilità
Ovviamente non ho deciso di parlare dell’iperfissazione sparando a caso nel mucchio dei sintomi più comuni, ma per il semplice motivo che è quanto è successo per gran parte del tempo in cui ho abbandonato Relaxing Gameplaid: un’iperfissazione inaspettata, arrivata all’uscita di Baldur’s Gate 3 che mi ha lanciato nel gorgo.
Non entrerò nel merito del cosa e perché, essendo irrilevante e no, non ho giocato Baldur’s Gate 3 in maniera intensiva ed estensiva per migliaia di ore. Rimango un amante dei puzzle e dei punta-e-clicca e per quanto il gioco sia quasi obiettivamente meraviglioso nell’ambito dei cRPG, non è davvero il mio genere.
(E questo è pure un’aggravante, se vogliamo).
Ho iniziato giusto una manciata di partite e l’ho finito una volta sola.
In co-op.
Cosa che assolutamente non mi ha evitato di venire investito dalla sua lore, essendo io già un giocatore di ruolo e conoscendo per questo D&D, per quanto alla larga. E tanto è bastato per incappare in ciò con cui mi sono iperfissato, finendo completamente fuori strada e direttamente giù per la scarpata.
Questo per dire quanto l’iperfissazione può davvero essere così dannatamente randomica: Baldur’s Gate 3 è un gioco che ho comprato all’inizio dell’Early Access nel 2021 perché m’erano piaciuti alcuni personaggi e volevo approfodire, e che per questo ho giocato molto in quel periodo, prima di abbandonarlo in attesa della release finale.
Fu un’iperfissazione anche all’epoca, durante la quale ho consumato qualche centinaia di ore esplorando ogni anfratto dell’Atto 1 (unico a disposizione) e cercando ogni più piccolo segreto. Però all’epoca mi tenne impegnato un mese, forse due, ma non mi impedì di fare altre cose.
Poi è uscito e nonostante io non giochi AAA né cRPG, tanto è bastato per buttare a gambe all’aria mesi di lavoro già a singhiozzo e complessi da gestire.
Ho buttato via anche i soldi di un anno di hosting, senza toccare il sito di Relaxing Gameplaid (e ricordo che sono passati altri 7 mesi…), che per quanto media sia la cifra, per me sono comunque tanti per un progetto di questo tipo.
Però di una cosa sono contento: che ora che lo tsunami sta passando e ho iniziato a raccogliere i miei poveri cocci per vedere cosa posso rimettere insieme, ho capito che a questo progetto tengo. Che giocare e recensire i giochi indie dei generi che mi hanno sempre interessato e che evidentemente continuano ad interessarmi, mi piace.
Quindi, dopo aver pensato per l’ennesima volta se cancellare tutto e limitarmi a giocarli, senza parlarne, o andare avanti e riprovare, ho deciso di proseguire e cambiare alcune cose, così come ad adattare meglio il format a ciò che sono e ai miei problemi.
Nella speranza che la prossima iperfissazione, quando ci sarà (perché ci sarà, non si scampa), non sarà in grado di abbattere tutto di nuovo.
Le Conseguenze
Le conseguenze sono (state) tante e su più livelli, dai soldi dell’hosting buttati dalla finestra come ho detto prima, alle mancate recensioni dei giochi che ho tutt’ora in lista.
Ho anche perso tante possibilità di chiedere copie di videogiochi a cui tenevo e di recensirli ai tempi della release o di giocarli e basta, al tempo della release. Chiaro che non sono giochi che non giocherò, ma dovrò aspettare il momento in cui potrò acquistarli e rimediare alle occasioni che ho perso. Per quanto possa dispiacermi la mancata occasione a monte, chiaro lo spendere quel che c’è da spendere per pagare una copia a studi di sviluppo indie che mi piacciono e spesso composti da poche persone, è assolutamente un piacere.
Dopo dieci anni di attesa per l’uscita del sequel di un gioco che ho amato tantissimo, su cui volevo concentrarmi per qualche mese, sono finito in ritardo di un anno e mezzo: l’ho comprato all’uscita, ho iniziato a giocare, ma mettendolo in pausa per la traduzione italiana, sono poi finito iperfissato altrove e..beh, eccomi qui.
Nel frattempo il gioco non solo è uscito, ma ha anche sputato fuori diverse DLC che mi sto ugualmente perdendo come “giocatore della prima ora”.
Tirando le somme
La neurodivergenza non è una creatura che si può abbattere. L’unica cosa che si può fare o è frustrarsi nel continuare ad opporcisi o imparare a conoscerla e a gestirla, integrandone le caratteristiche nella quotidianità e cercando quanto più possibile di trovare situazioni ed ambienti il più compatibili possibile.
Certo, più facile a dirsi che a farsi, soprattutto nella realtà caotica che viviamo oggi ed in questo mondo sempre più avanzato, ma, paradossalmente, sempre meno incline ad accettare la diversità e a renderla un punto forte, come se non fosse evidente che l’omogeneità alla lunga impoverisce.
E così proverò a fare io, quindi… portate pazienza. E se lo farete non vi ringrazierò mai abbastanza.